Su Strategie Prenestine curo una rubrica dal titolo Nuvolette che racconta le mie letture a tema fumetti e graphic novel. Non è stato facile iniziarla. Anzi.
Ci ho messo mesi a scrivere la prima puntata: continuavo a rimandare il momento di mettermi davanti alla pagina bianca e scrivere, ma nel frattempo ritornavo al pensiero costante di volerlo fare.
Per un po’ ho pensato che mi fossi immolata alla causa perché era un contenuto mancante, che da tempo si pensava di approfondire e sentivo quindi di dover portare a termine l’impegno preso. Avevo alzato la mano dicendo “ok, lo faccio io” senza pensarci. Ci ho messo un po’ a capire che c’era dell’altro in effetti.
In questi mesi in cui ragiono su cosa come perché vorrei comunicare alle altre persone, mi diventa sempre più chiaro che non solo voglio raccontare di me ma anche e soprattutto di ciò che mi succede tutte le santissime volte che esco dalla mia comfort zone. Quindi non posso non raccontare che un attimo dopo aver fatto la proposta al team Strategico la vocina, che risiede abusivamente dentro me, ha subito detto: “davvero sei sicura di poter parlare di graphic novel? Ma che ne capisci te? Lascia perdere che è meglio”.
Le uniche risposte che riuscivo a darmi in realtà non erano vere risposte ma suonavano più così: “oddio che faccio, oddio non conosco i termini, oddio conosco pochissimi fumettisti, oddio perché mi sono infilata in questa cosa”.
Poi ho messo a tacere tutto, mi sono messa davanti a una pagina bianca e mentre scrivevo ho capito: i fumetti per me ci sono sempre stati. Erano nella libreria dei miei e io li ho sempre letti e amati, senza alcuna vergogna. Ho letto tanti tantissimi Topolino (per lo più in bagno), le storie dei Peanuts e quelle di Lupo Alberto (grazie zia Paola) e Diabolik, ma solo in estate perché la casa del mare ne era piena. Adoravo ammirare i volti delle donne disegnate nel retro delle copertine e indovinare i loro nomi, coprendoli con la mano.
Tra le medie e il liceo sono arrivati i Dylan Dog che mi prestava C.: li leggevo solo di giorno e sempre seduta sul letto, in punta, tesissima perché ne avevo una paura matta ma non potevo smettere di leggerli. Ancora adesso conservo nella mia testa delle immagini terrificanti, che ogni tanto ritornano, all’improvviso, a spaventarmi.
Ho sfogliato in gran segreto Manara e Crepax che mio padre teneva nascosti nel suo armadio e in una mensola in alto della libreria. Ricordo ancora una primavera tiepida in cui mi rintanai sul tetto della casa del mare dopo aver rubato a mio zio dei fumetti di Manara: l’unico in grado di illustrare un uomo invisibile e delle donne sempre bellissime, formose, felici e libere. Ho amato alla follia tutti i Linus dei miei, sperato di essere fighissima come Tiffany Jones e ai tempi in cui erano tornati di moda i pantaloni a zampa io leggevo i Freak Brothers comprati sempre dal mio babbo a 4000 lire, chissà in che anno.
Quindi, posso parlare di fumetti? Si, direi di si. Che conoscenza ne ho? Limitata, anzi limitatissima direi. Ma sapete un’altra cosa che ho scoperto a quasi 40 anni? Che arrivare tardi sulle cose, sui libri, sulle serie, sui film, non è mai così brutto come ci immaginiamo. La mia testa è diversa da quando leggevo Dylan Dog e Topolino e scoprire certi titoli adesso, con una cultura e una memoria esperienziale più ampia, rende la scoperta più illuminante. Mi capita ancora di provare vergogna se penso di non avere letto certi nomi, certi libri, ma ci sto lavorando: il tempo che recupero evitando i sensi di colpa, lo uso per riacchiappare le cose perse, i libri non letti, i nomi che non conosco.
In questi mesi me ne vado alla ricerca di nomi e titoli nuovi da scoprire tra fumetti e graphic novel e mi sento come quando da ragazzina il mio maestro di teatro ci insegnava a trovare collegamenti tra film, libri, e canzoni e guardavo, leggevo, ascoltavo come se non esistesse altro, e facevo scoperte che mi lasciavano sempre a bocca aperta.
Ecco, ho deciso di fare pace con questa sensazione di mancanza che sento: il mio sguardo non sarà certo quello di un’esperta ma di una che scopre per la prima volta qualcosa.