Nel quaderno dove ho segnato i nomi delle illustratrici che un giorno avrei voluto intervistare c’era, tra i primi, quello di Carla Dipasquale. Nella sua bio di instagram si definisce così: “illustrator, baking addict, puppy stalker”. Lo fa in inglese perché nonostante sia di Ragusa, dal 2015 vive negli USA insieme al marito e il figlio Matteo. Non mi ricordo come io sia arrivata a lei, ma credo c’entrino Miriam Lepore o forse Valentina Aversano. Con Carla in questi anni ci siamo scritte diverse volte su Instagram, prevalentemente per commentare le foto di Blanco o per ribadire quanto Nino Sarratore sia una merda (sorry but not sorry).

Quando ho chiesto a Carla di poterla intervistare per Illustrami, mi ha chiesto se fossi davvero sicura di volere proprio lei. Le ho subito risposto con un “certo, PROPRIO TU” allegando la foto del già citato quaderno per convincerla. Come ho già scritto, questa rubrica nella mia testa è stata a lungo una cosa spaventosa e adesso che è diventata reale mi rendo conto del potere magico che ha, e che non avrei mai potuto conoscere se mi fossi fatta fregare (e immobilizzare) dalla paura. Illustrami mi sta dando modo di conoscere donne e artiste meravigliose, entrare nel loro mondo e scoprirne i segreti, le cose curiose, i loro desideri. Ma diventa ancora più preziosa perché confrontandomi con loro, capisco che alcuni meccanismi mentali sono di tuttз. Come la paura che ci fanno le cose belle, i progetti che frizzano in testa e che poi però restano lì, nascosti. O come quella maledetta sindrome dell’impostore che abbiamo tuttз, anche un’illustratrice brava come Carla.

Birthday party – © Carla Dipasquale

Perché Carla Dipasquale è davvero bravissima. Quando osservo le sue illustrazioni ho sempre la sensazione di essere davanti a un ricordo, qualcosa che ho vissuto anche io, forse quando ero bambina, forse in un’altra vita: lo sento che mi arriva forte con tutti quei colori, con quei dettagli sempre così vividi. A volte mi sembra addirittura di sentire degli odori e dei sapori. Ma bando alle ciance, andiamo a conoscerla meglio.

Dall’archeologia all’illustrazione: come è potuto succedere?

Il disegno è sempre stato per me un’oasi felice. Quel posto in cui decomprimere in momenti stressanti, che mi rimetteva in pace col mondo e con me stessa. Nel corso degli anni mi sono spesso ritrovata accanto persone incredibilmente talentuose in questo ambito, ragion per cui non avevo mai pensato fosse la mia strada, ma solo un hobby da coltivare di tanto in tanto per stare bene. La mia personale terapia.

Poi dopo la laurea in archeologia ho voluto prendermi del tempo per me e capire cosa volessi. Ho fatto un corso di xilografia che mi ha permesso di conoscere artisti straordinari come Silvia Rocchi, Matteo Berton e Maurizio Santucci (aka Bomboland). Presso Bomboland ho avuto poi l’immensa opportunità di fare un internship. Maurizio ed Elisa (il duo dietro Bomboland) sono degli illustratori specializzati in papercut e nonostante il mio stile oggi si discosti molto dal loro e dalle loro tecniche, ho imparato moltissimo da quella esperienza. Considero quello il momento in cui ho cominciato a credere davvero di potere diventare un’illustratrice.

Dal 2015 vivi negli Usa: prima Nashville, poi Boston. Hai la sensazione che la tua nuova residenza abbia cambiato il tuo sguardo da illustratrice?

Ha sicuramente cambiato il mio sguardo in generale, che è poi credo l’aspetto fondamentale dietro l’illustrazione. Dietro ogni lavoro ci sono persone con idee, esperienze, paure, sogni (pussa via AI!). A Nashville poi ho avuto la possibilità di entrare in contatto con un gruppo di illustratrici incredibili che ruotavano attorno a “The Warren”, uno spazio condiviso in cui lavorare ma anche organizzare eventi legati all’illustrazione. Uno di quei posti incantevoli in cui ti senti da subito come a casa, in famiglia.

E lo vogliamo dire che sei anche libraia?

E diciamolo! Lavoro da un anno e mezzo presso I AM Books, una libreria italo- americana nel North End (la Little Italy di Boston).
Lavoro come libraia ma offro anche servizi da freelance come illustratrice. Sono immensamente grata ad I AM Books e alle persone che ci sono dietro. Ecco, a proposito del sentirsi a casa e in famiglia.

Quale lavoro, progetto ti ha fatto dire “ok, sono un’illustratrice”?

Nel 2016 ho realizzato le illustrazioni per il booklet dell’album Cardio-Tonic dei Baciamolemani, una band siciliana. Amo moltissimo la musica e cercare di interpretare visivamente l’anima di quell’album è stato divertente e stimolante. È stato il primo grande progetto realizzato da sola e sebbene il mio stile sia molto cambiato da allora è un lavoro di cui vado tuttora fiera.

Che effetto ti fa guardare i vecchi lavori?

Eh, provoca sentimenti decisamente contrastanti. Ci sono lavori a cui sono affezionata e per i quali provo orgoglio pur essendo progetti non andati a buon fine. Altri invece in cui magari non mi riconosco e per i quali a riguardarli provo un certo imbarazzo. Altri ancora che sono parte di una fase così superata che mi vien voglia di abbracciare la me di allora per la tenerezza.

Se potessi tornare indietro nel tempo che consiglio ti daresti?

Buttati Carla, diamine!
Sono la regina della procrastinazione (Alice, lo avrai notato!) e spesso ho bisogno di una grossa spinta per partire.

© Carla Dipasquale

Solitamente dove disegni? Riti, abitudini, posizioni, soundtrack?

Non ho uno spazio interamente mio, sbavo su Pinterest dietro le scrivanie di grandi illustratori ma la verità è che lavoro prevalentemente sul tavolo da pranzo. Poi caffè lungo, sulla posizione stendiamo un velo pietoso (hello cifosi my old friend) e playlist del momento. La musica è d’obbligo, se non ho quella mi riduco a fischiettare tra me e me.

Cosa ti ispira?

Arte, musica, cinema, la gente che incontro (la libreria in questo mi è amica, a tal proposito consiglio vivamente la lettura di Shaun Bythell e I suoi Tipi da libreria accuratissimo), il teatro, i concerti. Stare in mezzo alla gente mi stimola moltissimo.

Le tue tecniche preferite

Lavoro per lo più in digitale, continuo a trovare impagabile il fatto di avere la libertà di lavorare ovunque col mio Ipad. Il tutto chiaramente fomenta anche la mia imposter syndrome e il mio senso di inadeguatezza nei confronti di chi usa tecniche tradizionali.

Una cosa che vorresti disegnare ma che non hai il coraggio di disegnare

Mi sono sempre detta che mi piacerebbe lavorare a un albo illustrato. Amo la letteratura per l’infanzia ma sono sempre stata intimorita da questo genere. E però mi sa che è l’anno che supero lo scoglio… Stay tuned!

Un esercizio che usi per fare bu! al foglio bianco

Sembrerà ridicolo, ma consultare il dizionario è la prima cosa che faccio quando inizio un nuovo progetto. Specialmente quello dei sinonimi e dei contrari. Buttare giù una lista di parole mi aiuta a trovare collegamenti inusuali e a superare il blocco iniziale.

3 libri che ti hanno cambiato la vita

Il Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry perché c’è stata una fase della vita in cui lo portavo sempre in borsa come un amuleto insieme al VHS dei Blues Brothers.

La trilogia Queste Oscure Materie di Philip Pullman. Una serie intrisa di magia e di filosofia, con una protagonista in lotta contro ogni forma di estremismo, religioso e scientifico. Sogno un giorno di poter vedere il mio daimon.

The Moomins and the Great Flood di Tove Jansson, per la capacità di Tove di dare un senso di famiglia e accoglienza anche nelle più nefaste tragedie e viceversa di rendere poetiche le situazioni più semplici e abitudinarie. Ti amo Tove!

3 illustratrici/illustratori che dobbiamo seguire

Ingela P. Arrhenius, per il suo stile vintage e perché tappezzerei casa con i suoi oggetti di design. Ingela insegnami la vita!
Giulia Sagramola per i canini e per i pattini a rotelle.
Victoria Semykina perché mi lascia costantemente senza parole, i suoi albi sono dei pezzi d’arte.

Teatro per bambini © Carla Dipasquale

Una cosa che desideri fare ma che non hai ancora detto ad alta voce

Un murale, perché credo non ne sarei capace e mi piace l’idea di lanciare la sfida alla me stessa paralizzata dalla paura.

C’è una domanda che non ti ho fatto e che invece vorresti tantissimo che ti facessi?

Dove ti vedi tra 40 anni?
Ti risponderei che voglio diventare una pasta grannies. Ho un debole per le nonne in cucina.

Chi ti piacerebbe vedere intervistatǝ dopo di te? E cosa gli/le chiederesti?

Lucia Cattelani (Breadandjam) perché coniuga cibo e illustrazione in maniera perfetta. Le chiederei quale cibo la rappresenta di più.

Arrivano gli alieni sulla Terra: la prima cosa che dici è…

Il brodo con le palline* lo mangiate?
*nel nostro lessico famigliare il “brodo con le palline”, cioè il brodo con le polpette di carne è il pasto perfetto dopo un lungo viaggio. (Ecco, lo sapevo! Non ho messo Natalia tra i libri che mi hanno cambiato la vita!)

Kit digital per seguire Carla

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e la sua pagina instagram